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Smi: 2014 di crescita

Il sistema tessile-moda italiano chiuderà il 2014 in crescita del 3,6% con oltre 52,5 miliardi di euro di fatturato. E la crescita interessa tutti i comparti, a monte (+3,1%) e a valle (+4,2%) della filiera. Le stime sono state elaborate dall’ufficio studi di Smi-Sistema moda Italia (in collaborazione con l’Università Carlo Cattaneo-Liuc) e illustrate dal presidente Claudio Marenzi nel corso dell’assemblea annuale dell’associazione.

Marenzi ha mantenuto comunque una certa cautela: «È presto per dire se è un vero aggancio alla ripresa». Intanto il 2014 è in crescita e si guarda al futuro della filiera con cauto ottimismo. La parola d’ordine è “fare squadra”, pur nel rispetto dei ruoli e delle prerogative di ognuno. Così all’assemblea hanno partecipato anche i presidenti di settori contigui a quello rappresentato da Smi: Mario Boselli (Camera nazionale della moda italiana), Cirillo Mercolin (Anfao-occhiali e Fiamp-accessori moda), Andrea Illy (Altagamma) e Licia Mattioli, a capo del comitato tecnico per l’internazionalizzazione di Confindustria nonché presidente del Club degli orafi.

Non solo il fatturato è in crescita nel 2014: le esportazioni e il saldo commerciale supereranno i livelli del 2008, quelli cioè precedenti al fallimento di Lehman Brothers e alla crisi economico-finanziaria che ne è seguita. Nel 2014 l’export sfiorerà i 29 miliardi (27,6 nel 2008), pari al 55,1% del fatturato complessivo e in crescita del 5,6% rispetto al 2013. Il saldo commerciale salirà a 10,5 miliardi. Nonostante tutto, il settore continua a dare lavoro a oltre 400mila addetti.

Tutto ciò è possibile secondo Marenzi perché «siamo l’unico paese al mondo ad avere ancora una filiera integra e di altissima qualità. Dobbiamo difendere questo patrimonio, superando eventuali divisioni interne all’associazione e facendo sentire la nostra voce al Governo italiano e a Bruxelles». Per quanto riguarda l’Europa, Marenzi ritiene che l’obiettivo di portare, entro il 2020, il peso del manifatturiero europeo sul Pil complessivo dall’attuale 13% al 20% non possa essere raggiunto «senza il contributo del tessile-abbigliamento di paesi come l’Italia». Al Governo italiano Marenzi non chiede trattamenti di favore, ma vede nel “reshoring” un’opportunità per misure a costo zero per le imprese che vogliono riportare in Italia la produzione.

 

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