Curriculum Vitae
45a edizione
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“Spettacoli”
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“Ultim’ora”
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“Isole”
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“Dissolvenze”
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Introduzione
Uno dei fenomeni che da parecchi anni a questa parte caratterizzano indiscutibilmente la nostra società e che ha finito per avere un’influenza enorme sul nostro stile di vita è il progressivo,,esponenziale aumento della SUPERFICIALITÀ. Questa è diventata a tutti gli effetti la cifra macroscopica dell’ Oggi ed ha cambiato, diremmo terremotato, definitivamente le regole dell’estetica e, ovviamente, anche quella del complesso mondo dell’ industria tessile e dei consumi ad essa collegati.
Non intendiamo portare avanti qui un’ analisi sociologica più o meno scontata né alcuna battaglia di retroguardia ma semplicemente prendere atto di questo importante fenomeno per come si presenta nei suoi risvolti indubbiamente negativi per la qualità del nostro lavoro ma anche quello antipodico e interessante dei tentativi di “recupero” o “riabilitazione” di un modus vivendi più cosciente e più critico. E, dicendo questo, non dimentichiamo che ambedue gli ambiti rappresentano comunque dei mercati, incluso quello…. del cattivo gusto. Dunque nessuno scandalo.
Intendiamo allora affrontare la SUPERFICIALITÀ chiamando col suo nome questo che è il fenomeno di lungo periodo attualmente più significativo, generatore tra l’altro del quasi offensivo cattivo gusto dilagante, di cui però spesso si parla solo a mezza voce (come durante una dittatura), e descriverne alcuni aspetti verificabili nel nostro curriculum di quotidianità in cui la sensazione di libertà è scambiata per diritto all’arbitrarietà.
Due macro-aree che chiamerei il “fare finta di esserci” e il “fare finta di non esserci”.
Perché “fare finta” ? perché ad un’ analisi anche solo sommaria la sensazione che si ricava è quella che troppo spesso i fatti “reali” scompaiano cedendo il posto ad una apparenza che è il loro contrario; quasi che qualcuno, altro da noi, pensi e crei copie perfette di qualcosa di cui non è ma esistito l’originale. Stiamo tutti nel gioco.
La prima parte della presentazione è dunque dedicata al desiderio compulsivo di riempirsi la vita con un eccesso di presenza, di visibilità, di occupare lo spazio del mondo con il proprio ego; illusione di centralità anche se priva di fondamento e di importanza, l’ esserci per esserci e per avere la sensazione di esistere.
Quindi quella dedicata all’illusione di essere perennemente “informati”, di essere sempre connessi e quindi in grado non solo di “agire” ma anche di “interagire” quando in realtà si è soltanto spettatori passivi in attesa di avere notizie – la cui validità e corrispondenza al “reale” è spesso tutta da provare – e narrazioni ansiogene di avvenimenti …. preferibilmente accaduti lontano da noi.
E poi il desiderio, la spinta istintiva e antipodica del “fare finta di non esserci” isolandosi o scomparendo, almeno temporaneamente, sottraendosi alla propria ed all’altrui logorrea, alla compulsività sistemica così che il mondo ci possa apparire per quello che è veramente; ovvero molteplice e decentrato, percorso da mille linee di fuga. In modo che il tutto, se visto da una posizione eclissata, discreta, inosservata, trasparente, apra una nuova esperienza: l’abbandono della sensazione di essere responsabili di tutto e di tutti, sottraendosi al “Mondo” affinchè sia lui ad avvicinarci e ci consenta così di viverlo guardandolo dall’interno. Fonte di una specie di sollievo estetico , una radura di silenzio, e non ultimo, il recupero di uno stile.