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Fogli d’archivio

43a edizione

Introduzione

Il mese scorso durante una conferenza alla Georgetown University è stata coniata un’espressione che rischia di diventare iconica: “IL DECENNIO DEL… MAH ?! ”.

Pare quasi impossibile trovare una metafora più attagliante per definire la contrapposizione tra i periodi storici che abbiamo vissuto nel recente passato e che conosciamo come “I DECENNI DEL ME” e quello viviamo attualmente e per porre come contraltare al personalismo individualista centrato sul proprio ombelico di quegli anni lo scoramento di un oggi conflittuale e non di rado deludente dove l’incertezza è elevata a sistema.

Gli avvenimenti macroeconomici e i piccoli eventi della vita quotidiana quasi mai hanno tra loro nessi immediatamente riconoscibili ma in questo caso direi che la dicotomia “anni del mah e anni del me” copre ampiamente tutti e due gli ambiti. Prendiamo ad esempio ciò si definisce – ormai non senza autocompiacimento – “La Moda” e proviamo a chiederci perché da tempo quando si assiste alle sfilate o si guardano le riviste specializzate si prova un senso di malessere e di insofferenza verso la pervasiva mancanza di ispirazione, un gran senso di noia per tutto quel “déjà-vu” che si declina in “tributi”, “omaggi”, “rivisitazioni” et similia… Anni ‘20, ’50, ’70, ’80 tra abnormi spalle (simil-hulk), grandi zampe (elefantine), vestitini très-comme-il-faut (ma chi era Chanel?), ometti infiorati (nuovi imbarazzati e imbarazzanti Narcisi), trasparenze pornosoft (figli-dei-fiori ? Sesso libero? Woodstock?). Eccola qui la Super-Novità: è la Nuova Mediocrità. E allora lo spirito del tempo, il famoso Zeitgeist di cui la moda si definisce antesignana, alfiere, segnale precursore, non è altro che questo: la Nuova Mediocrità. Ovvero la passiva asfissiante sensazione di stare a mezz’aria, in una sospensione a-temporale poco edificante e ancor meno ispirata di cui importa poco a tutti e scora molti. Poco edificante e ancor meno stimolante. Anzi, forse, gli stimoli paiono non essere nemmeno più richiesti. Non sarebbero i benvenuti. Come li si gestirebbe?

Partendo da queste premesse ci è parso giusto e doveroso fare un salutare gesto controcorrente non disperdendo l’attenzione su fenomeni, fatti, teorie e accadimenti vari dal sapore un po’ involuto e non particolarmente ispiratore – tratti salienti di questi “anni del mah?!…” – e focalizzare sulla nostra professione tessile l’attenzione che le è dovuta. Dovuta in primis a coloro che, rarissimi, rappresentano l’eccezione a quando detto sopra. Sia concesso dunque onorare quelli che in questo ambito industriale sanno ancora operare con competenza di mestiere e intendono proseguire la loro attività – malgrado tutto – con l’abilità produttiva frutto di esperienza unita ad un po’ di entusiasmo e fornire loro qualche idea che possa essere di aiuto. Nel settore industriale tessile il nostro Paese, così come pochi altri in Europa ed altrove, ha una lunga e affascinante storia e quindi contiamo che possa non essere priva di futuro.

Ci concentriamo sul savoir-faire di tutti coloro che riescono ancora a rappresentare qualcosa di “diverso” nel panorama della Mediocrità e che, al di là di tutte le considerazioni sul bello che si è perso, sul bello che si deve ritrovare, sul brutto imperversante e sul brutto da eliminare e via declinando, sono convinti che solo attingendo al patrimonio di esperienze ed applicandole alle tipologie tradizionali così come a quelle innovative e a quelle di nuova tecnologia si potrà ancora parlare in futuro di ciò che in passato veniva propriamente definita L’ARTE TESSILE.

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