skip to Main Content

Moto perpetuo

42a edizione

Introduzione

Per secoli, tra mille altre, è esistita un’utopia che ha fatto pensare e sognare filosofi e scienziati: quella della creazione di una macchina per il Moto Perpetuo. Questa non si è mai realizzata in quanto tale con un qualsivoglia dispositivo atto a creare questo movimento ma la Contemporaneità, quello che chiamiamo “il nostro tempo” ma che dovremmo forse chiamare il nostro “flusso”, ne ha realizzato un surrogato molto sofisticato, elaborato, sicuramente efficacissimo: quella dell’accelerazione del tempo, la civiltà del non-stop, del “collegamento” perpetuo che stinge in toni quasi virali.

Il Gran Movimento nel 19° secolo è stata la creazione delle ferrovie; nel 20°secolo è stato il volo supersonico; nel 21° secolo è l’Istantaneità delle telecomunicazioni interattive e della cibernetica. Così l’accelerazione della realtà attuale, lungi dal rappresentare la Fine della Storia, incarna invece il suo diventare Istante Perpetuo in movimento perenne, Presente onnipresente e onnipotente in mutazione incessante, sfida all’idea di Tempo e a chi lo vive. Una cadenza assillante e sentita come pulsione e com-pulsione, un Flusso Continuo che ci coinvolge emotivamente nelle sue visioni autogenerate.

Da queste premesse non intendiamo trarre alcuna deduzione filosofica né scientifica, cerchiamo piuttosto di esaminarne le conseguenze sul nostro stile di vita e, per quanto possibile, farne discendere alcune valutazioni sul nostro settore industriale.

Lungi dall’essere una novità quanto sopra ci conferma alcune considerazioni già sviluppate nelle passate stagioni, vale a dire che quelle che una volta venivano definite come “tendenze” hanno vita sempre più breve, che di fatto di tratta piuttosto di un “continuum” elaborativo e che, di conseguenza proprio per questo loro carattere, tendono e sempre più tenderanno a girare intorno al loro asse rotatorio e in un orbita a ciclo breve (sempre più breve) diventando per assurdo sempre più fulminanti e sempre più lente al contempo.

Pensiamo che questo fenomeno, anche solo a livello inconscio, sia risentito dal mondo dei consumi di “mode” e che, se dobbiamo trovare un segnale di desiderio di “permanenza”, dobbiamo cercarlo nei linguaggi dei segni corporali.

Abbandonata la simbologia dell’abito indossato sul corpo, divenuto quasi per definizione impermanente ed in un certo senso troppo “esterno”, il desiderio di permanenza si realizza ricorrendo ad una simbologia “interiorizzata”, non estirpabile, non cancellabile come il tatuaggio, il piercing o la chirurgia plastica che a volte può scientemente diventare “deformante” per incarnare identità “altre”. Questi sono probabilmente i veri Nuovi Vestiti perché laddove la moda può al massimo essere rotazione dei possibili, il corpo “parlante” e il linguaggio della pelle e delle membra rappresentano al momento l’unica possibilità residua di Fissità per esorcizzare le defaillances di identità ormai molto incerte.

Back To Top